Vittorio sgarbi a tursi.

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Vittorio Sgarbi a Tursi.

Data:

18 novembre 2005

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21 min

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Un'immagine generica segnaposto con angoli arrotondati in una figura.

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Vittorio Sgarbi a Tursi.

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Articolo tratto da:
Salvatore Verde
(La Gazzetta Del Mezzogiorno, 18 novembre 2005)

Tursi – E’ stata una incursione breve nella Città di Pierro, ma destinata a lasciare il segno, quella dell’on. Vittorio Sgarbi, nelle sue vesti di grande critico e studioso di storia dell’arte. Sempre sorridente, gentile e disponibile, pur se non particolarmente loquace rispetto alle sue abituali apparizioni televisive polemiche ed agli scritti politici al vetriolo. Già preannunciato la sera precedente, nel pomeriggio di lunedì ha variato l’itinerario che dalla città dei Sassi (dove aveva relazionato su Brueghel),  lo ha portato a Metaponto e quindi a Senise, prima di recarsi a Bernalda, dove lo aspettava l’on. Salvatore Adduce. Fermatosi a Valsinni, per una visita al castello della triste poetessa Isabella Morra, nel viaggio di ritorno ha deviato per Tursi, sempre in compagnia di una decina di giovani studenti, di due belle donne e dell’esperto Giuseppe Barile, editore di Irsina e titolare delle Edizioni La Bautta di Matera, al quale anche l’illustre ospite affida alcune raffinate pubblicazioni artistiche. Ad attenderlo al bivio di Ponte Masone il sindaco Salvatore Caputo e il parroco don Battista Di Santo, con alcuni amici. Forse un po’ stanco, ma sicuramente in forma fisica smagliante, con passo affrettato e sicuro ha chiesto della Rabatana e poi del Santuario di Anglona, Basilica minore, “ne ho sentito parlare da qualche amico”. Da qui in poi è un crescendo di eccentriche sorprese, tutte di segno elogiativo, con battute brevi ma inequivocabili a tutto campo ed esclamazioni di stupore, a volte con entusiasmo trascinante. Una sua conversazione al telefonino termina dicendo: “Certo, lo farò appena ritornerò al Governo”. Scusi, in quale coalizione? Risposta lapidaria: “Adesso, una sola cosa è per me definitiva, l’addio a Berlusconi”. Aggiunge Caputo: “sa, pure da queste parti ci sono parecchi ribelli”. “Ah!, però, bene”. Si avanza nella chiesa di Santa Maria Maggiore dell’XI secolo: il portale è “carino”, l’interno “ben conservato” e le luci “finalmente adeguate”. Davanti al Trittico del Trecento, della Scuola napoletana di Giotto, invita i giovani ad approssimarsi di più e commenta: “è incredibile trovarne uno così da queste parti, anzi ce n’era un altro… ”, “si, ma a Colobraro”, chiarisce don Battista. Provo a indicargli il Crocifisso ligneo del ‘500, ma con prontezza aggiunge: “è del Quattrocento”. Se lo dice lui. Scendiamo nella cripta funeraria dei De Georgiis, “davvero una meraviglia della metà del XVI secolo”, con il presepe in pietra: “è di Altobello Persio” e i numerosi affreschi, “tutto straordinario”. La serata è clemente, si esce per un tratto nel borgo saraceno e poi una pausa nel Palazzo dei Poeti: “un magnifico restauro a fini turistici. Se una iniziativa privata con il sostegno della parte pubblica è riuscito a produrre tanto, perché mai altrove non ci si riesce? Un motivo ci sarà ”. Incuriosito, sembra che tutto lo intreressi. La carovana deve procedere speditamente, ma lui vuole ascoltare da Paolo Popia, giovane proprietario dell’albergo ristorante, la poesia “A Ravatène” del grande poeta dialettale tursitano Albinio Pierro. Incredibilmente l’on Sgarbi ascolta e con facilità “traduce” simultaneamente i versi in italiano ai silenziosi astanti. Poi tutti ad Anglona.“Questi lampioni esterni sono da fiera, una schifezza”. Il sindaco vorrebbe ricordare che la Soprintendenza… “Ma non scherziamo, è roba da incompetenti”. L’accenno tranciante si placa alla vista degli affreschi “eccezionali, bellissimi, non li immaginavo così”, ma anche l’abside “è notevole”. Troppa generosità di circostanza? Non si addice a Sgarbi, con il suo modo di essere sincero, autentico e diretto. E’ difficile perfino fotografarlo, concedendosi a tratti, rapito dalle immagini che osserva a scatti, con movimenti rapidi di allontanamento e improvvisi ritorni. “Tursi è un piccolo gioiello, nella parte antica conservata, ordinato, merita senza dubbio”. Incurante del ritardo, ripartendo chiede di telefonare, perché “non la cena, ma la biblioteca bernaldese con i libri del Cinquecento mi interessa, e vorrei trovarla aperta”.
A quel punto, è inevitabile osare l’invito ufficiale da parte del Sindaco, “per una permanenza con più calma”. Replica affettuosa ed inattesa, in perfetto stile del personaggio: “Accetto, stia tranquillo, il tempo di organizzarmi, tra qualche settimana. Mi rivedrà prima di quanto pensi”.
S.V.


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Ultimo aggiornamento: 18 novembre 2005, 00:00

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